
Lunedì 19 marzo 2012- comunicato dell’Ufficio stampa del Comune di Milazzo. Protesta degli operatori del servizio di raccolta dei rifiuti questa mattina davanti al Municipio. Le maestranze hanno proclamato lo stato di agitazione per il mancato pagamento di due mensilità di stipendio e lamentano l'assoluta indifferenza nei loro confronti. "Non siamo più nelle condizioni di garantire il fabbisogno minimo delle nostre famiglie - hanno affermato - non è corretto che chi lavora non venga pagato". I lavoratori hanno incontrato prima l'assessore all'Ambiente Maurizio Capone che ha cercato di suggerire delle soluzioni alternative per fronteggiare la situazione e subito dopo il sindaco che ha anticipato la possibilità di ricorrere all'ordinanza come ufficiale di governo per affidare ad altra ditta, in danno dell'Ato, il servizio. "Gli uffici stanno valutando la situazione - ha detto il sindaco Pino - e se ci saranno i presupposti, acclarati anche dall'Asp del rischio di emergenza igienico-sanitaria, firmerò l'ordinanza in quanto Milazzo non può sopportare una nuova situazione di degrado igienico-sanitario.
Pubblicato da Vincenzo Lo Presti
Non penalezziamo la figura del "netturbino"
Antico Mestiere : Lu scopastráti – Il netturbino
Pubblicato i da Cosimo Luccarelli
La sezione “Antichi Mestieri”, ormai già nota ai tanti visitatori di questo blog, contiene solo l’elenco nominativo dei tanti mestieri e lavori manuali che venivano svolti anticamente nella nostra città. Dopo la pubblicazione del volume “Arte del fare, nel ricordo degli antichi mestieri”, opere pittoriche di Gaspare Mastro – testi di Cosimo Luccarelli, credo di far cosa gradita ai lettori riportare su “Grottagliesità” questo interessante lavoro, affinchè si possa conoscere la vera storia sui mestieri, che è stata espressione della capacità di sviluppo, di creatività e dell’ingegno di tante generazioni. Dopo il maniscalco, il cavapietre, il barbiere e il riparatore di oggetti in creta, vi presento “lu scopastráti” (il netturbino).
Il netturbino d’altri tempi! - Oggi li chiamano operatori ecologici, fino a poco tempo fa netturbini. Molti anni fa, invece, li chiamavano “scopastráti”. È naturale che col cambiare dei tempi e delle condizioni, mutano perfino le denominazioni. Anche le strade della nostra città non sono più quelle di fine ‘800, con grosse buche nelle quali l’acqua piovana diventava putrescente mista al contenuto dei vasi da notte che le donne, spesso, svuotavano fuori casa per non attendere la "carrizza" che passava all’alba ogni mattina. Il netturbino ora è riconosciuto regolarmente e viene assunto secondo le leggi vigenti in campo sindacale e di collocamento. Qualunque sia l’impresa da cui dipende, privata o municipalizzata, è organizzato e garantito sotto tutti i punti di vista. Ma in passato chi era e com’era “lu scopastráti” ? Era un uomo che svolgeva un mestiere oggetto di pregiudizi: sembrava quasi di aver perso la sua dignità. Si identificava molto con la sua personalità. Lo si considerava poco pulito perché aveva a che fare con la sporcizia e, di conseguenza, indossava vestiti sporchi e molto larghi; poi perché portava a casa la scopa sporca (la famosa scopa frusciale, fatta con il pungitopo) poggiandola nell’unica stanza dove abitava. Iniziava a lavorare la mattina presto, dopo l’alba, spazzando le strade più importanti, quelle dei grandi palazzi e delle chiese per evitare che la gente che andava alla messa “tli tócchi” (prima messa delle ore sei) si sporcasse dagli escrementi di animali. I rifiuti venivano ammassati agli angoli delle strade perché subito dopo passava il carretto trainato da un mulo, dove altri suoi colleghi con pala e scopa raccoglievano quei mucchietti ben accatastati. Ma chi girava per le strade prima degli altri era “la carrizza”, cioè un carretto tirato da un mulo dove c’era una botte lunga e stretta per la raccolta dei rifiuti organici delle famiglie. Si fermava in un punto stabilito e al suono di una tromba, molto particolare, le donne che lo riconoscevano, si alzavano dal letto, prendevano "lu nicissariu" (vaso da notte di creta) e lo andavano a svuotare nella botte. Lo sciacquavano al momento con un pò d’acqua che si portavano appresso e se ne tornavano a casa a dormire di nuovo. A quell’ora, prima dell’alba, girare per le vie del paese richiedeva uno stomaco di ferro perché la puzza era tanta e l’aria irrespirabile, specialmente per i contadini che partivano per la campagna. Di sicuro questi lavoratori, come potevano, cercavano di tenere il paese pulito; una funzione che non sempre gli veniva riconosciuta, sia perché erano poco pagati, sia perché poco garantiti come assistenza sanitaria e previdenza. Un mestiere che il progresso ha modificato rendendolo più dignitoso e anche specialistico in tutte le operazioni di pulizia, raccolta e smaltimento dei rifiuti, attraverso l’uso e conduzione di macchine operatrici, nel rispetto dell’igiene e dell’ambiente. (Cosimo Luccarelli)
Antico Mestiere : Lu scopastráti – Il netturbino
Pubblicato i da Cosimo Luccarelli
La sezione “Antichi Mestieri”, ormai già nota ai tanti visitatori di questo blog, contiene solo l’elenco nominativo dei tanti mestieri e lavori manuali che venivano svolti anticamente nella nostra città. Dopo la pubblicazione del volume “Arte del fare, nel ricordo degli antichi mestieri”, opere pittoriche di Gaspare Mastro – testi di Cosimo Luccarelli, credo di far cosa gradita ai lettori riportare su “Grottagliesità” questo interessante lavoro, affinchè si possa conoscere la vera storia sui mestieri, che è stata espressione della capacità di sviluppo, di creatività e dell’ingegno di tante generazioni. Dopo il maniscalco, il cavapietre, il barbiere e il riparatore di oggetti in creta, vi presento “lu scopastráti” (il netturbino).
Il netturbino d’altri tempi! - Oggi li chiamano operatori ecologici, fino a poco tempo fa netturbini. Molti anni fa, invece, li chiamavano “scopastráti”. È naturale che col cambiare dei tempi e delle condizioni, mutano perfino le denominazioni. Anche le strade della nostra città non sono più quelle di fine ‘800, con grosse buche nelle quali l’acqua piovana diventava putrescente mista al contenuto dei vasi da notte che le donne, spesso, svuotavano fuori casa per non attendere la "carrizza" che passava all’alba ogni mattina. Il netturbino ora è riconosciuto regolarmente e viene assunto secondo le leggi vigenti in campo sindacale e di collocamento. Qualunque sia l’impresa da cui dipende, privata o municipalizzata, è organizzato e garantito sotto tutti i punti di vista. Ma in passato chi era e com’era “lu scopastráti” ? Era un uomo che svolgeva un mestiere oggetto di pregiudizi: sembrava quasi di aver perso la sua dignità. Si identificava molto con la sua personalità. Lo si considerava poco pulito perché aveva a che fare con la sporcizia e, di conseguenza, indossava vestiti sporchi e molto larghi; poi perché portava a casa la scopa sporca (la famosa scopa frusciale, fatta con il pungitopo) poggiandola nell’unica stanza dove abitava. Iniziava a lavorare la mattina presto, dopo l’alba, spazzando le strade più importanti, quelle dei grandi palazzi e delle chiese per evitare che la gente che andava alla messa “tli tócchi” (prima messa delle ore sei) si sporcasse dagli escrementi di animali. I rifiuti venivano ammassati agli angoli delle strade perché subito dopo passava il carretto trainato da un mulo, dove altri suoi colleghi con pala e scopa raccoglievano quei mucchietti ben accatastati. Ma chi girava per le strade prima degli altri era “la carrizza”, cioè un carretto tirato da un mulo dove c’era una botte lunga e stretta per la raccolta dei rifiuti organici delle famiglie. Si fermava in un punto stabilito e al suono di una tromba, molto particolare, le donne che lo riconoscevano, si alzavano dal letto, prendevano "lu nicissariu" (vaso da notte di creta) e lo andavano a svuotare nella botte. Lo sciacquavano al momento con un pò d’acqua che si portavano appresso e se ne tornavano a casa a dormire di nuovo. A quell’ora, prima dell’alba, girare per le vie del paese richiedeva uno stomaco di ferro perché la puzza era tanta e l’aria irrespirabile, specialmente per i contadini che partivano per la campagna. Di sicuro questi lavoratori, come potevano, cercavano di tenere il paese pulito; una funzione che non sempre gli veniva riconosciuta, sia perché erano poco pagati, sia perché poco garantiti come assistenza sanitaria e previdenza. Un mestiere che il progresso ha modificato rendendolo più dignitoso e anche specialistico in tutte le operazioni di pulizia, raccolta e smaltimento dei rifiuti, attraverso l’uso e conduzione di macchine operatrici, nel rispetto dell’igiene e dell’ambiente. (Cosimo Luccarelli)