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Binario 21, Capodanno di amore e lotta

la protesta alla Stazione centrale di Milano

Stazione di Milano, continua la protesta dei lavoratori licenziati dalle Fs: viaggio in un brindisi d’altri tempi
Quante immagini abbiamo visto in queste ore, in tv e sul web, del Capodanno in Italia e nel mondo. Spari e brindisi, la gioia di piazza, i soliti morti e feriti, lo spettro della crisi e la speranza ovunque che il nuovo anno sia migliore di quello trascorso.
Su Blogtaormina vogliamo però raccontarvi la storia di un altro Capodanno e un’altra Italia: binario 21, Milano, stazione centrale, notte del 31 dicembre 2011. Mentre l’Italia brindava nell’agio e al caldo di casa o al ristorante, i lavoratori licenziati dalle Ferrovie dello Stato hanno fatto festa al freddo e al gelo, sul binario di un impiego scippato, lì dove il salario per vivere non c’è più.
Carmine, Giuseppe e Oliviero sulla Torre del Faro, ex dipendenti Wagon Lits. La loro è l’indomita e commovente protesta di chi ha perso il lavoro ma non ha smarrito la voglia di difendere il diritto alla sopravvivenza, contro le ingiustizie e i soprusi di quell’Italia cinica e spietata che va di moda oggi e corre veloce verso il baratro.
Mentre i “signori” del potere offendono la storia  e l’onore di chi questo Paese lo ha fatto davvero, c’è gente che invece dà prova di straordinario coraggio. Dignità e cuore in una notte d’orgoglio che si veste di monito e si tinge di schiaffo all’ego sprezzante della casta.
Il filmato che vi postiamo in coda a questo articolo è un richiamo incredibile, semplice eppure dirompente, per comprendere dove sta andando a finire l’Italietta del 2000, quella di chi ha troppo e chi non ha più niente.
Da un lato c’è l’attempato presidente Napolitano pagato per adempiere al solo compito di oratore dei discorsi inutili e retorici; il banchiere-premier Monti che da economista-killer vorrebbe risanare i conti pubblici strangolando a suon di tasse i ceti medi-poveri; l’eterno illusionista Berlusconi che non si rassegna al tramonto dell’ingordo impero d’origine craxiana, e poi una carovana di inutili politicanti arroccati a difesa dei loro mille privilegi. Quanti evasori milionari che dichiarano impuniti zero euro, lobbies intoccabili, super-manager che continuano a fare affari e percepire stipendi da capogiro. E, ovviamente, la “piovra” peggiore: le banche, che ormai dominano e regnano politica ed economia in modo totale.
E c’è, invece, l’Italia che non ce la fa più, che si arrampica lassù sulla torre al binario 21 dove, da settimane, sono i tre lavoratori ex Wagon Lits che protestano insieme ai loro colleghi che sotto hanno allestito un presidio permanente.
La stazione di Milano, vista dal Meridione può sembrare lontana anni luce: eppure mai come stavolta è vicina. Guardi la fredda e snob Milano e ci vedi l’angusta e dimessa Messina, come le due facce distinte e distanti di una medaglia che scopri, alla fine, è la stessa.
Quel binario 21, oggi più che mai, unisce Nord e Sud. La vergogna dei treni notturni, soppressi lo scorso 13 dicembre, e i licenziamenti dei lavoratori, al pari della protesta dimenticata dai grandi media di chi anche nello Stretto di Messina si ritrova disoccupato, sono il punto di non ritorno dello stivale tagliato in due.  
Capodanno alla stazione di Milano, il dramma diventa poesia. C’è l’intenso e commovente scambio di messaggi e sguardi, sorrisi e lacrime tra i manifestanti e le famiglie. I lavoratori sulla torre, moglie e figli, famiglie intere, a scrutare da laggiù gli occhi stanchi e fieri di chi lotta a oltranza.
I manifestanti dicono: “E’ il Capodanno più bello della nostra vita”. Aiutano un clochard in ginocchio sui binari, regalandogli da mangiare: col sorriso e una carezza. Salutano poi festanti i pochi convogli che passano e si sbracciano quasi fosse il trailer moderno di una pellicola che mostra un’epoca andata, quando gli italiani partivano all’estero a cercare fortuna.
Al confine tra sogno e incubo, forse questo video che scorre sulle note felliniane di Amarcord, è la retrospettiva ideale per capire che stiamo tornando indietro, sintesi e paradigma di noi illusi dagli ultimi ciak di un finto benessere che in verità ci vede apprendisti poveri: chi lo è già e chi lo sarà presto.   
Le scene che state per vedere sono, in fondo, una meravigliosa lezione al Paese, che riconciliano con i valori di un tempo perduto e ci invitano a riflettere. Fermiamoci noi: e, prima che sia troppo tardi, fermiamo quel branco di incapaci che comandano. Non è più tempo di ideologie, nè di destra nè di sinistra: questa Italia fa acqua da tutte le parti. Per cambiare la rotta non occorre la violenza stupida dei black-bloc, basterebbe il cuore gladiatorio di dieci, cento, mille Carmine, Giuseppe e Oliviero.
Anche al binario 21 sabato sera c’era il panettone e lo spumante, persino la voglia di accendere le fiaccole, provare a sorridere per un istante e impugnare con tutta la forza dell’anima il megafono della protesta. Queste famiglie che danno battaglia a colpi di megafono non vogliono essere abbandonate a un infausto destino.
Dai botti di casa nostra ai fischi dei treni che entrano ed escono dalla stazione, Milano diventa la parabola amara e beffarda di un film ambientato nella vita reale. I protagonisti non sono finti personaggi della tv ma gente comune della porta accanto, che più dei veri attori riescono a scaldare il cuore con le scene dei loro piccoli ma grandi gesti.  
“Noi siamo e saremo qui, sui binari, per difendere il nostro lavoro e la nostra vita. L’amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti, non può impedire che la nostra voce sia ascoltata”.  Questo è il loro inno alla lotta, rimarcato con voce caparbia e fischio frastornante.
Il nuovo anno riuscirà nell’ardua impresa di risvegliare la piccola coscienza di chi ancora fa finta di non sentire il grido di dolore che si leva forte dalla Torre del Faro? Noi questo ce lo auguriamo.
Di certo c’è che la disperazione è una corda che quando la spezzi non sai mai cosa può accadere. E allora: “Binario 21″, auguri e non mollate. Grazie per l’emozione di questo Capodanno d’amore e lotta. 

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