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“Sì – Siamo Insieme”anche per Gaza





“Sì – Siamo Insieme”anche per Gaza
il gesto di esporre la bandiera palestinese alla presentazaione ieri mattina a Palazzo D’Amico la coalizione di Centrosinistra
da parte “Sì – Siamo Insieme” è stato principalmente un atto di solidarietà e per esprimere il riconoscimento dello Stato di Palestina, soprattutto in contesti di conflitto e violazione dei diritti umani.
Il gesto simboleggia la resilienza del popolo palestinese, l'identità nazionale e la protesta contro l'oppressione, rendendola un "emblema globale" visibile in tutto il mondo.
“Sì – Siamo Insieme” chiama la sua gente a non può restare in silenzio. La nostra città non ha intenzione di tacere.
Occorre una ferma condanna pubblica, con contestuale assunzione dell’impegno ad esercitare pressione sul Governo regionale e il Governo Nazionale, affinché venga immediatamente interrotto ogni rapporto con lo stato genocida di Israele. Solo così potrete dimostrare di rappresentare davvero questa città e la sua coscienza civile.
"Nella Prima Guerra Mondiale le vittime sono state per il 5% civili, per il 95% militari. Si può tranquillamente sostenere che i civili sono morti incidentalmente.
Nella Seconda Guerra Mondiale le vittime sono state per il 48% civili, per il 52% militari. Non si può già più sostenere che i civili sono morti incidentalmente.

Nelle guerre contemporanee, che sono tante, le vittime sono per il 10% militari, per il 90% civili si può tranquillamente sostenere che i militari muoiano incidentalmente.
Invitiamo tutti, nel proprio piccolo, a mantenere accesa la luce sul grido dei popoli del mondo. Invitiamo a un gesto semplice e una preghiera. Buon vento alla Global Sumud Flotilla!
Quelle immagini del materasso per ultimo, in cima a tutto. Sotto ci sono i bauli, o le valigie, piene di pochi vestiti, pochi piatti, poche pentole e forse bicchieri. E poi le seggiole: “sennò dove ci sediamo”? E la radio: “sennò come le sentiamo le notizie”? Le scarpe sono appena quelle che servono per camminare, rotte quelle si marcia scalzi.

Il cibo, quello che ancora c’è, è avvolto con cura e tenuto come il tesoro più prezioso. Più prezioso dei piccoli gioielli che sono persi chissà dove, se mai ci sono stati.
Non c’è nemmeno più una porta da chiudere a chiave. Non c’è più la casa che quella porta chiudeva. Non c’è una mamma che la apre e chiama per mollare il pallone e rientrare per cena. Non c’è un papà a spiegare le regole del fuorigioco.
E non c’è più un bambino per impararle e fare gol. C’è solo un silenzio rumoroso. Un silenzio interrotto da voci che si rincorrono a darsi coraggio, sgattaiolando tra occhi bassi e teste chine a guardare la strada.
Ma non quella che si apre davanti: quella che si chiude dietro. Davanti c’è solo angoscia, dietro c’era la speranza.
E nessuno vuole guardare alla promessa di un dolore sconosciuto quando ha avuto un passato di vita.
Ecco perché ogni esodo non è mai la via della salvezza, ma solo la strada del rimpianto.



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