La studentessa Laura La Malfa vince la quinta edizione del Premio Nazionale di Poesia "Salvatore Quasimodo", menzione per Letizia Fucci, entrambi del Liceo Classico G.B.Impallomeni di Milazzo
della Prof Piera Zimmardi
L' Allieva , Laura La Malfa, frequentante la II C del Liceo Classico Impallomeni di Milazzo , ha vinto il primo premio nazionale della “V Edizione del Concorso Nazionale di poesia" dedicato a "Salvatore Quasimodo”, destinato agli studenti degli Istituti Superiori presenti su tutto il territorio nazionale, con la poesia “Gioventu’ (autrice Laura La Malfa)
Ancora un'altra Studentessa dello stesso Liceo Classico in evidenza, Letizia Fucci della I C , che riceve una menzione con la poesia “Gli occhi di un bambino"
Un’altra grande soddisfazione per Studenti e Docenti del Liceo classico" G. B. Impallomeni" di Milazzo per il traguardo che consente di poter scrivere il Liceo Classico mamertino nell'albo d'oro del prestigioso premio , organizzato nell'ambito della "Settimana Quasimodiana"
I PREMIO
"Gioventù"
"Gioventù"
Con passi lievi fanciulli percorro un sentiero incantato.
Dita lucenti di fate intrecciano per me ghirlande di sogni e di speranze.
(Laura La Malfa II C LICEO CLASSICO)
Menzione per " Gli Occhi di un Bambino"
Gli occhi di un bambino, una finestra: un volteggiare di mille aquiloni colorati nel cielo azzurro; il terrore della guerra che dilania l’umanità; la voglia di realizzare i propri sogni; la sofferenza di una vita di stenti; la gioia di una carezza ricevuta; la tristezza di un abbandono; l’incoscienza di aprirsi alla vita; la disperazione di aver perso l’innocenza; il coraggio di sopravvivere; il desiderio di imparare a camminare, ma anche la paura di cadere; perché no, la speranza di un mondo migliore…
(Letizia Fucci I C Liceo classico)
La proclamazione dei vincitori avrà luogo presso il Salone degli Specchi della Provincia Regionale di Messina nel corso di una cerimonia pubblica che si terrà alla fine del mese di
che si terrà il 26 maggio 2014 .
Nel mese di marzo gli allievi del liceo classico avevano preso parte al concorso di poesia S. Quasimodo, coordinati dalla prof.ssa Piera Zimmardi, inviando le liriche inedite non eccedenti i 30 versi ed, oggi hanno appreso dalla Dirigente la notizia che, tra loro,c’era addirittura il primo posto nazionale.
Le allieve vincitrici, accompagnate dal Dirigente scolastico , prof.ssa Caterina Nicosia e dalla referente del concorso prof. ssa P.Zimmardi, si recheranno presso il Salone degli Specchi della Provincia Regionale di Messina dove riceveranno le targhe e il premio in denaro di quattrocento euro, previsto per il primo classificato, nel corso di una cerimonia pubblica.
Questi i Premi:
1° classificato “Premio nazionale di poesia Salvatore Quasimodo”
Targa ricordo e premio in denaro consistente in € 400,00;
2° classificato “Premio nazionale di poesia Salvatore Quasimodo” Targa ricordo e premio in denaro consistente in € 250,00;
3° classificato “Premio nazionale di poesia Salvatore Quasimodo” Targa ricordo e premio in denaro consistente in € 100,00;
^^^^^^
Esiste un forte legame che lega la Città di Messina a Salvatore Quasimodo, anche per questo , annualmente vengono organizzate importanti iniziative dalle istituzioni culturali della Città dello Stretto e dal Servizio cultura della Provincia regionale in collaborazione con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina, come il Premio Nazionale di Poesia , giunto alla quinta edizione
Salvatore Quasimodo
Cerimonia di consegna del Premio Nobel |
Nacque a Modica (Ragusa) il 20 agosto del 1901 e trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale (Gela, Cumitini, Licata, ecc.), seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato. Subito dopo il catastrofico terremoto del 1908 andò a vivere a Messina, dove Gaetano Quasimodo era stato chiamato per riorganizzare la locale stazione. Prima dimora della famiglia, come per tanti altri superstiti, furono i vagoni ferroviari.
Un'esperienza di dolore tragica e precoce che avrebbe lasciato un segno profondo nell'animo del poeta. Nella città dello Stretto Quasimodo compì gli studi fino al conseguimento nel 1919 del diploma presso l'Istituto Tecnico "A. M. Jaci", sezione fisico-matematica.
All'epoca in cui frequentava lo "Jaci" risale un evento di fondamentale importanza per la sua formazione umana e artistica: l'inizio del sodalizio con Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira, che sarebbe poi durato tutta la vita. Negli anni messinesi Quasimodo cominciò a scrivere versi, che pubblicava su riviste simboliste locali.
Nel 1919, appena diciottenne, Quasimodo lasciò la Sicilia con cui avrebbe mantenuto un legame edipico, e si stabilì a Roma.
In questo periodo continuò a scrivere versi che pubblicava su riviste locali soprattutto di Messina, trovò il modo di studiare in Vaticano il latino e il greco presso monsignor Rampolla del Tindaro.
La prima raccolta di Quasimodo, Acque e terre (1930), è incentrata sul tema della sua terra natale, la Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l'isola diviene l'emblema di una felicità perduta cui si contrappone l’asprezza della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere (così in una delle liriche più celebri del libro, Vento a Tindari). Dalla rievocazione del tempo passato emerge spesso un’angoscia esistenziale che, nella forzata lontananza, si fa sentire in tutta la sua pena. Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad una figura femminile, come nella poesia Antico inverno. Se in questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili (soprattutto D'Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all’identificazione con la natura), in Oboe sommerso (1932) ed Erato e Apollion (1936) il poeta raggiunge la piena e personale maturità espressiva.
La ricerca della pace interiore è affidata ad un rapporto col divino che è, e resterà successivamente, tormentato, mentre la Sicilia si configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non a caso Quasimodo pubblicherà, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci. In particolare, nel libro del 1936 vengono celebrati Apollo - il dio del sole ma anche il dio cui sono legate le Muse, e quindi la stessa creazione poetica che è resa dolorosa dalla distanza fisica dell’isola - ed Ulisse, l’esule per eccellenza. È in queste raccolte che si può cogliere appieno la suggestione dell’ermetismo, di un linguaggio che ricorre spesso all’analogia e tende ad abolire i nessi logici tra le parole: importante è in questo senso l’uso frequente dell’articolo indeterminativo e degli spazi bianchi, che, all’interno della lirica, sembrano rimandare continuamente a una serie di significati nascosti che non possono trovare una piena espressione.
Nelle Nuove poesie (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume Ed è subito sera del 1942 e scritte a partire dal 1936), il ritmo diventa più disteso grazie anche all’uso più frequente dell’endecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta un'inquietudine nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita attuale. In alcune liriche compare infatti il paesaggio lombardo, esemplificato dalla «dolce collina d’Ardenno» che porta all'orecchio del poeta «un fremere di passi umani» (La dolce collina). Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto ad un linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in Giorno dopo giorno (1947) dove le vicende belliche costituiscono il tema dominante. La voce del poeta, annichilita di fronte alla barbarie («anche le nostre cetre erano appese», afferma in Alle fronde dei salici), non può che contemplare la miseria della città bombardata, o soffermarsi sul dolore dei soldati impegnati al fronte, mentre affiorano alla memoria delicate figure femminili, simboli di un'armonia ormai perduta (S'ode ancora il mare). L'unica speranza di riscatto è allora costituita dalla pietà umana (Forse il cuore). In La vita non è sogno (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di sofferenza, dove il sangue continua a macchiare le strade (Lamento per il Sud); il rapporto con Dio si configura come un dialogo serrato sul tema del dolore e della solitudine umana. Il poeta sente l'esigenza di confrontarsi con i propri affetti, con la madre che ha lasciato quand’era ancora un ragazzo (e che continua a vivere la sua vita semplice ed ignara dell'angoscia del figlio ormai adulto), o col ricordo della prima moglie Bice Donetti. Nella raccolta Il falso e vero verde (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di un’estrema incertezza esistenziale, un’intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma nel volume trova posto anche una sofferta meditazione sui campi di concentramento che esprime «un no alla morte, morta ad Auschwitz» (Auschwitz).