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YouTube, Facebook e Twitter Come le reti sociali cambiano il modo di fare giornalismo di Cinzia Crinò


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"YouTube, Facebook e Twitter" di Cinzia Crinò

YouTube, Facebook e Twitter
Come le reti sociali cambiano il modo di fare giornalismo
di Cinzia Crinò
SAGGIO - Collana scientifica "Orme di studio"

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Cinzia Crinò è nata a Messina nel 1987. Dopo la maturità classica, conseguita presso il Liceo “Luigi Valli” di Barcellona Pozzo di Gotto, si è spostata a Padova, dove si è laureata in Scienze della Comunicazione, e in seguito ad Urbino, nel cui ateneo ha conseguito, con lode, il titolo di Dottoressa in Editoria, media e giornalismo. YouTube, Facebook e Twitter: come le reti sociali cambiano il modo di fare giornalismo è la sua tesi di laurea. Attualmente collabora con l’agenzia letteraria Scritture Scriteriate e con le Edizioni Smasher.
Prefazione di Giulia Carmen Fasolo 
L’interesse e la curiosità di indagare gli aspetti e gli ambienti della Rete hanno suscitato sempre notevole fascino. La Rete è un mondo, definito in altre sedi mondo altro, che diviene sempre più un seducente incastro tra l’on e l’off della realtà-virtualità, capace di indossare una perfetta consistenza dell’esistenza moderna di ciascuno di noi. La Rete è un universo affascinante, misterioso e ambiguo, che seduce e disorienta come in un labirinto che ci attrae. È capace di offrire notevoli risorse, ma, al contempo, ambiguità e incertezze dell’essere umano in quanto pensante e non in quanto macchina. 
Ma non solo. Affascina indagare anche cosa ciascuno ricerca nella Rete e nell’incontro virtuale con il sé e con l’altro, cosa si cela nell’accensione di un noi avatar e nella scelta di soddisfare i nostri bisogni-desideri dentro un mondo che talvolta costruiamo alternativo a quello nel quale avanziamo ogni giorno. Lì, in quello spazio virtuale, diveniamo un noi paragonabile a ciò che ci piace e a ciò che ci piacerebbe essere. Ma non necessariamente a ciò che siamo.

Il lavoro di Cinzia Crinò è, in sintesi, un tracciato dei social network più famosi e frequentati dai cybernauti, spazi virtuali nei quali le relazioni virtualmente interpersonali si intrecciano e si dissolvono nello spazio breve, e allo stesso tempo infinito, di un click. Questi nuovi spazi, o come afferma Oldenburg (1989) terzi spazi, essenziali nella vita delle persone accanto ai luoghi in cui si vive e a quelli in cui si lavora, forgiano ogni giorno la nostra quotidianità. Questo lavoro è una ricerca tecnica, quasi viscerale, delle tipologie dei social network. Forse per tale ragione è priva di una cornice di interesse intrapsichica. Questo lavoro, infatti, non mira a ricercare e quindi delineare il collante dei pezzi di puzzle del campionario dell’umanità, se non altro perché i fenomeni virtuali indagati sono esplorati nella loro collettività, anziché nei loro tipici processi cognitivi. Il giornalismo ai tempi di internet, in parte l’oggetto dativo dell’indagine della Crinò, non ha come campo di ricerca le funzioni cognitive o emotive del singolo soggetto. In questo lavoro vengono esposti, più che altro, le strutturazioni virtuali nella loro scheletrica tecnicità, quasi sganciate dall’apporto cognitivo e psicologico che necessariamente portano con sé. Qui l’argomento identitario viene toccato solo perché il soggetto è implicato, necessariamente, nella connessione a Facebook, piuttosto che a Twitter o YouTube. Ma l’assenza di un pregnante registro psicologico non fa perdere di qualità all’elaborato, semmai lo orienta e lo incasella perfettamente nel settore tecnico al quale appartiene: il giornalismo, appunto. Il lavoro di Cinzia Crinò è assolutamente privo di disquisizioni filosofiche, per le ragioni già esplicitate sopra. È pur vero, peroò, che ciascuno dei social network ha ottenuto successo grazie al fatto che in esso è possibile manipolare, ritoccare e mimetizzare la propria identità, giocare con essa, in un processo di scoperta e approfondimento degli aspetti della propria personalità, ma anche per un semplice fine ludico (tipico dei giochi di ruolo). Negli anni, il giornalismo ha utilizzato ciò che è più vicino all’individuo, proprio per raggiungere i suoi interessi, per conoscerli e rispondere – nel modo più efficace possibile – ad essi. Il giornalismo, come la politica, utilizza gli strumenti digito-attrattivi quali i social network perché sa che oggi più che mai lì si possono incontrare le persone, lì è possibile far giungere loro uno specifico messaggio e orientarli verso una determinata opinione piuttosto che verso l’altra. La Rete, popolata dagli strumenti citati e dagli affamati del loro utilizzo, si presenta perciò come un luogo dalle mille sfaccettature, che offre spunti di riflessione e di approfondimento per tutte le discipline, anche quelle non necessariamente legate alle scienze psicologiche e sociali. È, in sintesi, un florido terreno per tutti. Nel corso degli ultimi anni, Internet si è rapidamente incuneato (non poi così silenziosamente) nella vita dei cybercitizen che hanno cittadinanza in quegli spicchi di mondo considerati tecnologicamente informatizzati (Pravettoni, 2002). In principio, infatti, era un misterioso e oscuro strumento di comunicazione riservato a ricercatori, ad accademici e a qualche appassionato di personal computer (o di main frame per coloro che lavoravano nelle grandi aziende) e di informatica. Questo interesse è divenuto, col tempo, un importante e macroscopico fenomeno di massa. I social network sono un pozzo di risorse umane e informative, in grado di connettere persone provenienti da diverse parti del mondo; capace di tessere e catturare nelle sue maglie milioni e milioni di utenti, che possono ritrovare e navigare, al suo interno, ogni spazio consentito e non. Quasi tutte le attività umane sono possibili: dallo shopping alla ricerca scientifica, fino ad arrivare alle relazioni interpersonali e al sesso (come, quando, perché e con chi lo vogliamo). Oggi sembra fondamentale possedere una casella di posta elettronica o un proprio weblog (conosciuto popolarmente come blog) per sentirsi realmente parte della società contemporanea (quindi non virtuale, ma reale) e, ancor più, della società del futuro non troppo lontano (un tempo bastavano un paio di jeans). Ci avviamo verso un futuro che con ogni probabilità ci spingerà a dire più “ciao” virtuali che reali. Ci abitueremo ad un saluto senza voce e senza suono, veicolato solo con la tastiera, uno schermo e milioni di pixel a farci compagnia. Oggi appare sempre più probabile che arriverà prima o poi un social network che si chiamerà in qualsiasi modo, ma avrà un unico obiettivo: farci mettere in contatto con chiunque, senza più sollevarci dalla nostra poltrona. L’incontro sarà disatteso, e questa “rete sociale” (social network, appunto) diverrà quasi unica piattaforma di mantenimento (e contenimento) delle derive personali, delle emozioni, delle strutturazioni personologiche. Sebbene la diffusione di Internet sia considerata piuttosto attuale, specie in Italia, sarebbe errato pensare che la Rete, intesa ora in registro tecnico, esista da poco tempo. Il passaggio di Internet da mezzo di comunicazione usato per scopi prima militari, e in seguito scientifici, a strumento di comunicazione e di informazione “di massa”, ha ampliato il suo ruolo sempre più determinante nella vita economica, sociale e culturale di ogni Paese informatizzato. Col passare del tempo, nel cyberspazio, termine inizialmente usato per descrivere i mondi virtuali derivati dalla fantascienza, si sono venute a creare aggregazioni sociali, che a poco a poco sono diventate delle vere e proprie comunità. Nel mondo virtuale, il valore della comunità sembra perfezionarsi: alla disaggregazione e frammentazione sociale riscontrabili offline (è più facile litigare dal vivo, che organizzare delle flames nel virtuale), si contrappongono, online, reti di relazioni e di collaborazioni in cui ogni membro della comunità arricchisce se stesso e gli altri. Nella realtà, spesso siamo costretti a mantenere accanto a noi anche chi non vogliamo e come non lo vogliamo, su internet è diverso. La persona diventa un sostituto che compensa un’assenza, una mancanza, una privazione, pertanto viene ricercata, collaudata, assemblata declinandola secondo le nostre preferenze. E quando smette di piacerci, ci basta allontanarla con un semplice off. Così, manipolata in tal senso, sarà difficile non andarci d’accordo. Lo sviluppo e la diffusione di Internet hanno portato numerosi studiosi a interrogarsi sulle differenze e le somiglianze fra la comunicazione mediata dal computer (CMC) e quella face to face. La gestione della propria immagine (anche politica, giornalistica e aziendale) in Internet è, infatti, legata principalmente alla parola, alle proprie abilità comunicative e, in secondo luogo, all’utilizzo di alcuni mezzi che consentono e facilitano la creazione della persona online: lo pseudonimo (conosciuto come nickname), la rappresentazione di noi (icona, avatar, sturage, etc) e un eventuale spazio (blog, sito web, etc). Cinzia Crinò è stata abile nel definire sottilmente le dinamiche interpersonali che viaggiano sui social network, ma soprattutto ha illustrato in maniera eccellente qual è l’uso che è possibile farne. La presenza di un account sui social network fornisce, come la Crinò è capace di sottolineare nel corpo del suo lavoro di ricerca tesistico, la possibilità di moltiplicare all’infinito le comunicazioni inviate e ricevute, attraverso un vestire e svestire il messaggio dei più svariati connotati. Tutto questo è ampliamente vissuto anche in quei settori che non necessariamente iniziano e finiscono con la nostra intimità virtuale, ma si ampliano decisamente nei contenitori di informazioni (pagine di fan, gruppi di sostegno, pagine di politica e di informazione, etc). Twitter avanza e dirama anche informazioni considerate meno “intimistiche”, a discapito di quel registro più “intrapsichico” di Facebook che orienta più che altro alla comunicazione di sé e delle proprie relazioni. YouTube, infine, pone in sequenze di frame ciò che quotidianamente si vive o più semplicemente si ascolta.
Cinzia Crinò riesce, con questo lavoro tesistico, nel suo intento: farci conoscere meglio gli usi poliedrici dei social network. E lo fa con un linguaggio sì tecnico, ma semplice ed efficace.

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