23.5.16: ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI CAPACI
LA MAFIA DEI CAPRARI SPARA - LO STATO NON RISPONDE
Quì di seguito riporto l'intervento del dott. Gaspare Sturzo, presidente nazionale del CISS.
Solo un miracolo ha salvato il dott. Pippo Antoci e la sua scorta (n. 1). Il distaccamento della polizia di Stato di Sant'Agata Militello è composto da poche unità mentre Il corpo di polizia forestale (militare) è di n. 1000 unità. Come è utilizzato? Quale politica anti contrasto alla malavita delle campagne viene esplicata ? .... Le domande sono tante e tutte imbarazzanti che preoccupano fortemente i cittadini, gli imprenditori agricoli, circa la loro sicurezza e le loro attività di impresa. Saro Terranova, Costituendo Comitato CISS Messina
Gaspare Sturzo, Presidente del C.I.S.S.
Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo
23.5.16, a 24 anni dalle strage di Capaci noi siamo ancora qui a ricordare, come ogni anno, FALCONE, sua moglie e tutti gli eroi civili della resistenza alle mafie. Però cos'è cambiato nel rapporto tra mafie, affari e controllo dei territori? In alcuni luoghi, ci dicono le recenti indagini, l'inabissamento ha prodotto una sorte di pace mafiosa; se qualche equilibrio si rompe, tornano a vedersi incendi e sentirsi botti.
Cosi ad esempio la vicenda Antoci, Presidente dell'Ente Parco dei Nebrodi, che ha subito un grave attentato assieme alla sua scorta. Della mafia dei CAPRARI in Sicilia ne parlava già il giovane don Sturzo sin dai suoi primi scritti antimafia e, poi, nella sua lotta politica quale pro sindaco di Caltagirone, quando mise sotto inchiesta i comandanti della Guardia Municipale del comune calatino. Oggi che il presidente dell'Ente Parco dei Nebrodi, a cui deve andare la nostra solidarietà, sarebbe stato vittima di un attentato consumato in quell'area di illecito, si ripresenta il problema. Pochi però si rendono conto dell'assenza dello Stato nel controllo delle campagne. Lo conoscono bene però i piccoli e medi imprenditori agricoli e gli allevatori, vittime dei continui furti, del pascolo abusivo e dell'abigeato. Sono tutti reati contro cui lo Stato, cioè le sue forze di polizia e la magistratura, hanno smesso di combattere. Non solo. In vero questi delitti sono funzionali ad estorcere le aziende e piegare le resistenze di chi legalmente esercita la sua attività d'impresa nelle campagne del sud d'Italia. Ma l'assurdo vero è che facendo i conti in tasca agli autori di questi delitti e alle vittime, si comprende dell'esistenza di due fattori tra loro condizionanti. Da un lato, i CAPRARI, cioè i carnefici che, utilizzando o meno il metodo mafioso, controllano il territorio agricolo mediante acquisti di fatto dei terreni o intestazioni fittizie, così spendendo denaro da provento illecito, poi sfruttando i lavoratori in nero, utilizzando le aziende agricole come discariche abusive di rifiuti, coltivando e allevando con prodotti nocivi alla salute, e - soprattutto - acquisendo contribuzioni pubbliche mediante truffe. Queste metodologie gestionali illecite rendono l'attività agricola e quella di allevamento assolutamente redditizie. Di contro, l'imprenditore legale, che svolge la sua attività secondo le regole, pagando gli enormi costi che queste in ogni caso impongono, e senza alcun rientro in quanto il suo prodotto non è competitivo sul mercato, entra in crisi. Inoltre, la gestione mafiosa e corrotta dei mercati generali e i monopoli illeciti nei trasporti delle merci, rendono impossibile all'imprenditore legale di poter far affari su un mercato inquinatissimo. Infine, l'ingresso in Italia di prodotti ortofrutticoli dall'estero a prezzi stracciati e coltivati in frode alle rigide regole europee, con costi spesso compensati dai sottostanti traffici di droga, rendono impossibile alla gente onesta di fare impresa in questi e forse tanti altri settori dell'economia italiana. Così, l'imprenditore legale prima s'indebita, e poi si arrende alle banche, agli usurai e, comunque, a Equitalia. A quel punto, l'azienda sarà propria del CAPRARO, sia questo ndranghetista, camorrista, di cosa nostra o della sacra corona unita. Non sono mancate le denunce su questi fatti nel recente passato, forse troppo frammentate. Nonostante la Commissione d'inchiesta Caselli, allo stato mancano le risposte di sistema. O meglio, i parlamenti regionali e nazionali, quelli della fredda Unione Europea, non hanno saputo ascoltare. Così, mandiamo i Carabinieri a salvaguardare i monumenti esteri e per risparmiare sciogliamo i corpi di polizia forestale. Le mafie ringraziano; i piccoli e medi imprenditori agricoli e all'allevatori del sud Italia, no. Il saggio politico, l'avveduto giurista e l'economista prudente, si rendono invece ben conto che, nel tempo medio, il rischio sarà l'inquinamento totale di tali attività imprenditoriali e l'espulsione degli onesti.
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