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Consegna attestati all'Università Popolare Comprensoriale Filippese


San Filippo del Mela 23/04/2015, 
Educare è una parola che deriva dal latino educere, che significa “tirar fuori”, “sviluppare”, “portare a compimento”.
Con questo spirito l' Università Popolare Comprensoriale Filippese si accinge ogni anno ad organizzare e portare al termine dei corso di base.
Le lezioni e la cerimonia conclusiva si sono svolti presso il Saloncino UPCF .con una semplice ma significativa cerimonia quella della consegna degli attestati dei giorni scorsi con lettura delle relazioni della Prof.ssa Nuccia Miroddi e degli iscritti al Corso. 
Il corso sulla " Divina Commedia di Dante Alighieri - Inferno" ha sicuramente rappresento un percorso educativo fondamentale, per i corsisti compresa la rilettura del Poema 
Dante narratore della sua vicenda, il quale propone il suo cammino esistenziale come “exemplum” da seguire. Il Poeta è e vuole essere un grande educatore; proprio per questo può essere di grande aiuto per tutti.
Certo, non è facile oggi leggere e insegnare le Divina Commedia, perchè le sue parole sono così cariche di realtà, di esperienza che possono essere equivocate, possono sfuggire nella loro pregnanza semantica. 
Virgilio guida Dante attraverso l'Inferno e il Purgatorio perchè gli deve insegnare a essere uomo, a comprendere tutta la dignità dell'umano e tutta la dignità della ragione, della ragione come coscienza del mistero della realtà. Che la realtà è più grande di noi, che deborda dalle nostre misure; che ogni cosa ha un punto di fuga verso un orizzonte inafferrabile, che è segno del mistero; infine che vale la pena vivere solo per il mistero; basta la ragione per comprenderlo, basta Virgilio, basta essere poeti, anche atei dichiarati o agnostici come Leopardi e Montale.
Questa è appunto la lezione di Virgilio-ragione, che si risolve in un “umanar” perchè la razionalità è appunto il modo di vivere dell'uomo. Proprio perchè Virgilio è consapevole della dignità della ragione è anche umile. Egli attende un intervento superiore che gli porti soccorso là dove sperimenta la sua impotenza e sa di non poter capire fino a fondo il mistero della realtà, sa che è la fede l'occhio che penetra quel mistero e lo dichiara più volte: 
Egli prova paura, angoscia, nella sua grande solitudine, perchè in quel lungo “sonno”, in quel periodo di dimenticanza ha smarrito “la verace via”, la via del bene; in altre parole ha perso, in primo luogo, il senso profondo di sé e non sa più vivere secondo la sua natura razionale. Dante ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a ritrovarsi, che lo educhi alla esperienza della realtà. Ma non lo capisce subito; tanto è vero che tenta da solo di ritrovare la via verso la verità della vita (simboleggiata dal colle illuminato dal sole). Ma ecco che le tre fiere, chiaro simbolo del male, gli si parano davanti ed egli torna indietro a precipizio, impaurito verso la selva.
Già in questa vicenda iniziale emerge la sapienza pedagogica di Dante. Il realismo cristiano e umano che caratterizza la sua mentalità, come quella dell'uomo medioevale, infonde la convinzione che l'uomo sia educabile fino alla morte. L'educazione non riguarda appena il bambino o l'adolescente, ma l'uomo di qualunque età. Dante ha 35 anni quando inizia questo cammino alla sequela di Virgilio.
Ci sono dei momenti in cui i giovani, gli adolescenti vanno in profonda crisi e ci sono dei momenti in cui fanno di tutto per portarci alla disperazione o alla rabbia. Davanti a un giovane difficile, i nostri atteggiamenti di adulti possono essere due: l'atteggiamento della rabbia, (non è possibile che ti comporti così..) o l'atteggiamento della rassegnazione, (le ho provate tutte ma non c'è niente da fare...). Uno dei momenti chiave che decide la vita di un giovane può essere proprio questo. Incoraggiare un giovane è, in sintesi, dare fiducia quando non vi sono risultati positivi. Vi sono dei giovani che fanno di tutto per apparire incapaci, ribelli, pigri e attirano così o la rabbia o lo sconforto degli adulti. Educare un giovane in difficoltà è risvegliare in lui la speranza di un possibile e concreto cambiamento della sua esistenza. La vera sfida non è tramettere dati e nozioni ma risvegliare nei giovani l'idea che studiare è bello; che è la cosa più bella e che la fortuna più grande che hanno rispetto alle generazioni passate, è che possono scegliersi un'identità, un futuro professionale che li realizzi pienamente.
Pregiudizi, convinzioni, rimproveri e ferite narcisistiche al loro io ci pongono nella condizione che la cosa più difficile non è insegnare loro un metodo di studio, ma creargli la motivazione, sbloccare l'energia, risvegliare la speranza che è possibile vivere con gioia, soddisfazione la loro esperienza scolastica.
Che cosa vuol dire allora incoraggiare? 
Incoraggiare è credere in loro quando nessuno ci crede. L'incoraggiamento oggi manca perchè, spesso, per noi adulti non è la priorità e ci lasciamo prendere dall'ansia di trasmettere tutto ciò che possiamo, dimenticando il significato profondo del termine educare (tirare fuori e non riempire...).
Incoraggiare allora vuol dire sentire che dove c'è un problema c'è sempre una soluzione, questo deve diventare sempre di più il cuore dell'educazione. Non è una cosa che bisogna capire, bisogna sentirla, perchè questo riempie di energia in termini costruttivi e non distruttivi. Perchè l'atteggiamento peggiore che l'educatore o il genitore può tenere è quello ansioso. L'ansia in realtà è la figlia della paura. Perchè i ragazzi sono in ansia per la maturità o per un'interrogazione? Perchè hanno paura. Perchè sono in ansia di incontrare qualcuno di nuovo? 
Perchè hanno paura di essere giudicati, di fare brutta figura. Dove c'è ansia c'è sempre una paura. Se io sapessi, che indipendentemente dal problema, c'è una soluzione, le mie energie non sarebbero più fagocitate dall'ansia, perchè l'ansia brucia energie vive che non sono più orientate verso la soluzione del problema. Infatti ogni genitore è decisamente un buon genitore per i figli di un'altra persona. Così vale per l'educatore. Ma se sono così bravo con i figli e gli studenti degli altri, purificandomi dall'ansia che condiziona negativamente i rapporti con i miei figli e i miei alunni, posso riuscirci anche con loro.
E' opportuno, al riguardo, precisare che l'educazione può essere occasionale o intenzionale. L'educazione occasionale è quella che non ha un progetto dietro. Allora ci possono essere molte situazioni in cui i giovani hanno un tipo di educazione, appunto, occasionale. Cosa vuol dire? Che in base alla persona che incontrano, alla compagnia che incontrano, alle risorse del territorio, al docente che incontrano, a quello che vivono, respirano l'atmosfera di un ambiente che però non ha dietro una chiara idea di che cosa significa diventare uomo o diventare donna. Ma bisogna avere una chiara idea di cosa vuol dire diventare adulti, per educare. E l'intenzionalità nasce dalla consapevolezza di un progetto.
E' quello che dovrebbero fare la famiglia e la scuola. Fin dalle materne, elementari, medie e superiori dovrebbero esserci i cosiddetti progetti formativi, non progetti soltanto informativi perchè dare un'informazione non è formare una persona. Dare una nozione tecnica, non vuol dire formare un uomo o una donna. In realtà l'educazione intenzionale è meno presente rispetto a quella occasionale, soprattutto oggi. C'è molto più individualismo a tutti i livelli, anche a livello educativo e c'è meno sintonia, tra adulti, nell'affermare determinati principi.
Le energie di tutti gli educatori di una scuola dovrebbero essere rivolte alla realizzazione del progetto comune di individuare una strategia educativa di ciascun allievo, stando bene attenti a formulare sempre e solo critiche costruttive e mai distruttive verso alunni e colleghi.
Sul lavoro ma soprattutto in una scuola siamo tutti collettivamente responsabili dell'ambiente, perchè le nostre parole influenzano quelli che ci circondano e il nostro discorso interiore influenza il nostro morale e i nostri risultati educativi.
Per l'adolescente, nel momento in cui vive all'interno di un ambiente dove c'è poca educazione intenzionale e vi è molta educazione occasionale, peggio ancora degli educatori che non si rispettano a vicenda e quindi difficilmente possono collaborare ad un progetto comune, aumenta il senso di smarrimento.
La conoscenza di sé passa attraverso la rivelazione di sé. Ecco la difficoltà di oggi! 
Siccome non creiamo più le condizioni perchè un ragazzo si apra, egli si conosce sempre di meno. Non entra in contatto con se stesso e per farlo ha bisogno che ci sia qualcuno dall'esterno che lo accolga. Ed ecco il grande problema, enorme, spaventoso, della povertà di comunicazione che c'è oggi nella nostra società. Non è vero che nella nostra società si comunica di più, è vero che si comunica di più a livello di informazioni, a livello di contenuti, di dati, di giornalismo, di eventi planetrari, ma si comunica molto meno sul fronte dell'intimità. La tecnologia da una parte ci facilita in mille modi, ci migliora la qualità della vita, ma dall'altra parte si rischia di non riuscire a stabilire mai una vera e propria intimità.

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