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Il convegno della Cgil a palazzo D’Amico sui diritti delle donne lavoratrici


mercoledì 3 luglio 2019

Il convegno della Cgil a palazzo D’Amico sui diritti delle donne lavoratrici


 Si è conclusa la due giorni della Cgil e Flai sul ruolo delle donne per i diritti e l'emancipazione con il convegno “Pane e gelsomini” che ha registrato notevole interesse e tante adesioni. Ai lavori, svoltisi a palazzo D’Amico e coordinati dalla giornalista Tindara Caccetta sono intervenuti le principali istituzioni locali e provinciali. Il contributo iniziale è stato quello di Giovanni Mastroeni segretario generale Cgil Messina che ha ricordato la battaglia delle gelsominaie di Milazzo, sotto la guida della Cgil locale dal 1946 agli anni ’70. Una lotta che – ha sottolineato il sindacalista - ha migliorato le condizioni salariali e di lavoro di queste lavoratrici. Tale storica vertenza ha esaltato il ruolo delle donne sempre fondamentale per la crescita e lo sviluppo





Successivamente il sindaco Giovanni Formica ha ribadito come la città ricordi “con orgoglio questa battaglia di avanzamento delle condizioni di vita delle lavoratrici dei gelsomini”.
Il prefetto di Messina, Maria Carmela Librizzi ha ricordato come la crescita del ruolo centrale delle donne nella società debba prevedere una ulteriore crescita al di là di quanto previsto nelle norme contrattuali. Toccante poi l'intervento di Eliana Giorli La Rosa, oggi consigliera comunale a Monforte e in quegli anni in prima linea a difendere i diritti delle lavoratrici come sindacalista partigiana. Ulteriori spunti di riflessione sono giunti dai contributi della segretaria regionale Flai -Cgil Pina Isgrò, dal segretario generale Cgil Sicilia Michele Pagliaro, dal direttore provinciale Inps Marcello Mastroieni , dal dirigente del Centro per l'impiego Santi Trovato e dal prof. Antonino Caccetta.
Le conclusioni sono state tenute dalla vice segretaria nazionale Cgil Gianna Fracassi che ha sottolineato come questa vicenda delle gelsominaie di Milazzo sia poco conosciuta e per questo la Cgil cercherà di farsi carico per rappresentarla come momento simbolo della lotta delle lavoratrici per il riconoscimento dei loro diritti. “Questa vertenza sindacale delle gelsominaie milazzesi ­- ha concluso -rappresenta una vera testimonianza di quali sono le vere radici storiche della Cgil in Italia”.


LE GELSOMINAIE DI MILAZZO
Le Gelsominaie di Milazzo
Dolce Profumo, Sapore Amaro di Graziella Proto

A metà degli anni ’50 Rosaria e sua madre Grazia occuparono il Commissariato di P.S. rivendicando condizioni di lavoro più umane.
La storia di un paese attraverso la raccolta del gelsomino. Le lotte operaie guidate da Tindaro La Rosa e sua moglie Eliana
Vede tutte queste case? 
Qui era tutto gelsomino . A Milazzo c'erano grandi estensioni di gelsomini, io sono nata tra i gelsomini, mia madre era "la capa "ha ricevuto una medaglia d'oro. Ho iniziato a lavorare a 9 anni, la prima volta ma hanno fatto ritornare a casa perché era piciridda -non mi potevano mettere in regola. Mia madre mi aveva dato un pezzo di pane avvolto in una salvietta, ma non riuscivo a mangiare. Allora mio padre era prigioniero in Germania, ho pianto per tutta la strada pensando al bisogno che avevamo a casa Poi piano piano mia madre ci ha inserito, una volta una figlia, una volta un 'altra.
Eravamo 5 figli, erano tempi brutti.
C'era troppo bisogno. Raccogliere gelsomini era l'unica speranza.
Rosaria Puliafito è una bella signora di 75 anni, ci tiene a dirlo, altera, dignitosa, solare Vestaglietta azzurra, sorriso disarmante, parlata dolce, come le cose che dice. Abita in una casa anonima; dall'indirizzo anonimo:
villaggio Grazia. Ma la borgata non è poi tanto piccola. Ci aspetta per strada convinta che non si riesca a trovarla . La casa linda e profumata. Accogliente.
Ha iniziato a raccogliere gelsomini all’età di 15 anni ma prima aveva fatto esperienza lavorativa in altri posti.
Sua madre Grazia Saporita, è stata una delle prime gelsominaie della Piana di Milazzo ed è ritenuta ancora oggi un capopopolo.
" L'irrigazione - racconta pacatamente - la si faceva in tarda serata. Quando noi iniziavamo il lavoro, le campagne erano tanti acquitrini…noi raccoglievamo i gelsomini a piedi nudi, immersi fino alla caviglia, non avevamo stivali, a volte gli zoccoli però, si impigliavano , allora li prendevamo e li buttavamo via.
La raccolta si faceva di notte - aggiunge - perché di giorno, al sole i petali del gelsomino diventano gialli." IL tono della voce sembra voglia giustificare la durezza di un lavoro che in fondo lei amava - Ci alzavamo dalla mezzanotte alle tre a seconda e finivamo nella prima mattinata. Poi, se era necessario , nel primo pomeriggio, si ritornava nelle campagne per togliere le erbacce Erano ore di lavoro pagate - dice con tono soddisfatto".
All'incontro con Rosaria partecipa Stefania, una sua vicina di casa che per un certo periodo ha raccolto gelsomini.
"Lo sa quanto ce lo pagavano un chilo di gelsomino ? - dice con tono interlocutorio e di stupefazione - venticinque lire. In una notte quelle brave, le maestre, ne facevano 4 chili.
Al massimo cinque" Ecco perché tante mamme, non appena qualche figlio era in grado di farlo se lo portava appresso I bambini! Ma i padroni
sapevano ? " Io mi portavo mi figlia, mi aiutava a raccogliere - dice Stefania "
" Non si poteva fare - spiega con calma Rosaria, facendo così intravedere il suo animo di sindacalista - lo facevamo - aggiunge seccamente"
E chi non aveva a chi lasciare i più piccoli? se li portava e li lasciavano dormire nelle ceste vicino alle mamme che lavoravano. Un dolce profumo, un amaro sapore.
Erano gli anni cinquanta, la piana di Milazzo profumava di gelsomini che una volta raccolti partivano per la Francia per farne profumi naturali.
Era forse l'unica opportunità lavorativa per le donne. I padroni dei gelsomini preferivano le donne, perché le ritenevano più idonee al paziente lavoro di raccolta dei delicati fiori, le pagavano meno, a peso e non a ore.
Un duro lavoro. Però qualcuno non le prendeva sul serio, oppure si indispettiva.
"Spesso di notte ci facevano spaventare e quindi tante volte veniva qualche marito insieme a noi."dice Stefania, "No quando c'era mia madre" precisa Rosaria "Mia madre aveva un coraggio incredibile…. una volta che si sono nascoste due uomini in un angolo per farci spaventare, le donne si misero a urlare, alcune buttarono le ceste, mia madre al buio, andò verso di loro, si avvicinò, li prese per il bavero a tutti e due e li tirò fuori , ma sfortunatamente scivolò nel fango e quelli fuggirono.
La chiamavano la bersagliera” conclude con un misto di orgoglio, dolcezza e sottomissione.
Non si ritiene all'altezza di sua madre che del coraggio e della determinazione fece la sua bandiera.
Come se non si rendesse conto che anche lei, con la sua dolcezza e delicatezza ha fatto la storia delle lotte sindacali nel messinese.

Dal racconto viene fuori che Grazia Saporita, mamma di Rosaria, è stata un vero capopopolo.
Munita di un bastone, il giorno dello sciopero, usciva da casa all'alba, con il bastone bussava alle porta di ognuna invitandola ad uscire e seguirla.
Tutte la seguivano. O meglio ubbidivano perché si sentivano protette da questa donna caparbia e autoritaria."
Non con i figli " - sottolinea Rosaria.
Accanto a Grazia nel periodo delle lotte c'erano Tindaro La Rosa, compagno del Pci e sindacalista, e sua moglie Eliana.
Quando parla di loro due la voce di Rosaria si incrina.
"A loro due dobbiamo molto, hanno fatto un sacco di nottate assieme a noi. - racconta con tenerezza ricordando quel periodo - Il compagno Tindaro era un vero capo. Era sempre in prima fila . Dietro di lui sua moglie Eliana e mia madre. Allora i padroni , il giorno dello sciopero chiamavano sempre le forze dell'ordine: quando veniva la pattuglia di carabinieri ci circondava, noi ci sdraiavamo nei pantani per non farci vedere. L'organizzazione di uno sciopero richiedeva tempo, nottate intere per programmare, a volte Tindaro ed Eliana restavano a dormire a casa mia….avevano coraggio, e soprattutto si fidavano di mia madre e delle sue capacità . Decidevano insieme".
Non si può descrivere con le parole l'orgoglio che mette nel raccontare di sua madre. Al contrario pudore , riservatezza, sulla sua attività sindacale, politica, lavorativa, di donna. Per esempio, alla fine degli cinquanta, Rosaria e la madre Grazia occuparono il Commissariato di P.S. rivendicando condizioni di lavoro più umane. Ed ha continuato anche dopo fino a quando nel settanta fu eletta rappresentante sindacale. e si iscrive al PCi guidato dal compagno di lotte di sepre Tindaro La Rosa. Erano i tempi in cui tutte le gelsominaie la sera dell'otto marzo, assieme alle loro famiglie si riunivano nei magazzini e festeggiavano fino a notte fonda. Perché la giornata della donna era la giornata che testimoniava le lunghe lotte sostenute, ma anche della loro famiglia Sempre composta e pudica tranne un passaggio che tiene a sottolineare:" Adesso ho una buona pensione, pensi, più di mio marito, che ha lavorato anche in Germania.
Era brutto alzarsi la notte; quando mia madre ci svegliava era terribile… ma bello, perché ogni mese prendevamo il salario." Suo marito dall'altra stanza ha sentito ed ironizza: Dolce e forte, non prova nemmeno rabbia per la vita che ha fatto.
"Non ho avuto mai rabbia per mia madre che mi ha avviata a questo mestiere tanto faticoso, perché non c'era alternativa e mi faceva guadagnare. O quello o la fame. Era il periodo del pane con le tessere. 200 g di pane, una pagnottella. Mia madre si metteva al centro, noi figli attorno a lei e, ce la divideva a tutti noi, "conservatela per tutta la giornata" ci diceva.
Spesso al più piccolo gli dava anche metà della sua .Che vita dura e amara che ha fatto quella donna - aggiunge - meglio se non ricordo , meglio se non ricordo.


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