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Oggi sembra tutto facile, siamo tutti turisti. Ma come fare turismo ?


Oggi sembra tutto facile, siamo tutti turisti. Ma come fare turismo ?

Il turismo di massa per vedere la luce ha avuto bisogno della rivoluzione dei trasporti. Prima di tutto l’avvento di un mezzo di trasporto in grado di spostare un gran numero di persone. Poi di organizzazioni specializzate nelle vacanze di gruppo. Prima del treno e delle navi a vapore, delle agenzie di viaggi e vacanze, il turismo di massa non poteva esistere. Di questo ed altro si è parlato nel corso del convegno svoltosi lo scorso martedì 26 maggio 2015 a Palazzo d’Amico, tema: “Come nascerà il turismo a Milazzo”. proposto dal candidato a sindaco di Milazzo il medico Carmelo Formica, già presidente del Consorzio turismo di Milazzo 

Di fronte ad un discreto pubblico un ospite d'eccezione , Andrea Del Frari, già direttore dello Skirama di Kronplatz, che ha portato l’esperienza maturata nel comprensorio sciistico di Plan de Corones 
Attraverso le parole del Dr. Andrea Del Frari, esperto in Management strategico, Market ed aministrazione, abbiamo appreso che nel Trentino il turismo incomincia dai banchi di scuola presso l'Accademia della Montagna del Trentino”
Omaggio della Città al gradito ospite
(opera dell'artista Pino Nicosia) 
Un istituzione locale che risponde all’esigenza di una visione d’insieme e dunque di un soggetto di regia a livello formativo-culturale che per un verso faccia interagire al meglio le professioni della montagna e i rispettivi collegi professionali e realtà come Università, Camera del Commercio, Trentino Spa, enti locali, scuole ecc.; per un altro verso ponga attenzione particolare verso la formazione della nuova generazione di operatori e professionisti e dei giovani in generale. 
Oltre, a promuovere la conoscenza del territorio montano, la valorizzazione delle attività e del patrimonio dell'arco alpino e la salvaguardia della montagna in particolare del Trentino; 
valorizzare la valenza storica, culturale, socio-economica e sportiva delle attività alpinistiche, sciistiche, escursionistiche e delle altre attività che si svolgono in montagna.
Se la performance dell’Italia nelle dimensioni che attengono a “Tradizione & Cultura” e “Turismo” sono buone, nelle dimensioni “Sistema di Valori”, “Qualità della Vita” e “Potenziale di Business” l’Italia mostra il fianco.
Viaggiare deve produrre felicità, questo lo hanno capito in tanti 
Se consideriamo l'italia un brand e quindi il Paese un'azienda, è sempre
più urgente ripartire dalle tre parole chiave che circolano nel mondo quando si pensa a noi. Cultura, cibo, bellezza sono i nostri asset strategici, il core irrinunciabile e induplicabile della nostra ‘Impresa Paese’. Da questi e soltanto questi si può ripartire costruendo alleanze nuove indispensabili per competere in un mondo ad altissimo tasso di globalità. La nostra storia ci ha educato alla diversità culturale e all'individualismo operativo.
Il punto di partenza è sicuramente l’abbandono della nostalgia e delle confortanti, ormai inservibili, vecchie dinamiche: indietro non si torna, e sembra paradossale doverlo ribadire.
Allora da dove dobbiamo riparire per fare un buon lavoro ( anche a Milazzo) in un mondo così veloce e così diverso da quello a cui eravamo abituati?


Il lavoro va immaginato da capo per poter sfruttare al meglio la crescita costante del turismo mondiale: in un momento storico di crollo del “marchio Italia”, tra le altre cose vanno ripensati gli equilibri di relazione, tenendo conto delle nuove implicazioni del mondo digitale.
Se infatti alcune caratteristiche dell’accoglienza rimangono immutate (si potrebbe dire: nei secoli), cambia invece l’ecosistema di cura del turista, che ha smesso di essere esclusivamente il destinatario di un servizio per diventare, in maniera immensamente più potente di un tempo, il veicolatore di un’esperienza.
Dieci considerazioni emerse e di cui vale la pensa fare tesoro:

1 – La cortesia, il sorriso, la disponibilità rimangono requisiti imprescindibili nella professione di chi accoglie. Può sembrare ridondante rimarcarlo, ma non è per niente scontato. L’ospitalità è una vocazione e un talento.
2 – L’ascolto è l’arma più preziosa che gli operatori hanno a loro disposizione per capire che tipo di cliente hanno di fronte e come poterlo soddisfare. Può essere esercitato osservando attentamente, chiedendo con intelligenza, consultando eventuali archivi: il cliente deve sentirsi visto, sentito, accudito. Deve sentirsi dentro una relazione.
3 – Non limitarsi  a dare in mano al cliente un catalogo: raccontateglielo. Se siete un albergatore, accompagnatelo a vedere la struttura, fategli conoscere il personale, fatelo innamorare dei vostri servizi.
4 – Se volete trasformare il cliente in un ambasciatore del vostro brand, dovete fargli dire “wow” almeno una volta, evitando di essere dimenticabili. Un cliente felice è un cliente che compra e diffonde messaggi positivi, diventando cassa di risonanza della vostra attività.
5 – Le risorse umane spesso decretano il successo o l’insuccesso di un’azienda. Un team competente, affiatato e motivato che lavora per raggiungere un obiettivo comune difficilmente scontenterà il cliente.
Oltre ad un’attenta selezione dei collaboratori e alla creazione di un ambiente stimolante e proattivo, è inoltre necessario mettere in atto un piano di formazione continua: non esiste strategia efficace sul medio-lungo periodo senza formazione.
6 – Dobbiamo essere  onesti ed autentici.
Se oggi le piattaforme che raccolgono recensioni scritte da comuni cittadini hanno più autorevolezza rispetto ai professionisti del settore turistico, significa che in passato qualcosa è andato storto. Non create né alimentate false aspettative, non vendetevi per quello che non siete.
7 – Dedicare  tempo e attenzione alla costruzione della nostra reputazione.La reputazione è monetizzabile: un +10% di reputazione corrisponde alla possibilità di applicare una maggiorazione del prezzo pari al 13% senza perdere mercato.
8 – Avere la lungimiranza di compensare un’eventuale incidente, o pecca nel servizio, con un’offerta allettante e personalizzata che produca stupore e appagamento. La reazione ad un inconveniente è uno dei tasselli che contribuiscono a creare la vostra reputazione.
9 – Fate upselling, con passione, competenza e creatività.
10 – Le piattaforme digitali, per quanto scomode e difficili da gestire, non si possono cancellare. Bisogna imparare ad averne padronanza, perché ogni cosa che facciamo o non facciamo parla di noi.
Vale la pena fare un tuffo nel passato 
La storia del turismo organizzato, curiosamente, comincia infatti con una piccola impresa di “charity business”. C’è una data e un santo patrono anche per il turismo di massa. Si chiama Thomas Cook. Cook era un semplice tipografo inglese di religione battista che alla metà dell’800, impegnandosi in una missione a prima vista sinceramente umanitaria e altruista, diventa il profeta delle vacanze per tutti, il “santo patrono del viaggio organizzato”. Il santo laico in breve tempo diede vita ad un impero turistico parallelo a quello delle colonie britanniche. Le orde di turisti che oggi colonizzano a milioni località balneari, deserti, giungle e città di tutto il mondo sono i pronipoti spuri di quel Thomas Cook a cui si deve l’invenzione del turismo di massa. Oggi Thomas Cook è una global company delle vacanze tutto incluso che offre dalle crociere ai voli per qualsiasi destinazione.
Tutto nasce il 5 luglio 1841. Quel giorno parte l’ “Escursione di Thomas Cook da Leicester a Loughborough e ritorno”. 
E’ una gita nella campagna del Derbyshire di appena 11 miglia.
 L’idea di Cook però è rivoluzionaria. A quel viaggio filantropico partecipano 570 persone della low class e lavoratori del settore laniero. Pagano appena uno scellino per un pacchetto di divertimenti che comprende il trasporto in treno su sedili in terza classe, su scomode carrozze scoperte chiamate “vagonetti”. Il viaggio include anche il pranzo e “uno spettacolo di gran galà”. 
C’è gia tutto il palinsesto edonistico delle vacanze a buon mercato mondializzate dal consumismo.
La ‘vendita di esperienze’ turistiche ha dunque una tradizione relativamente breve che ha origine proprio in Gran Bretagna a metà dell’800 con l’invenzione del viaggio pubblico organizzato. A partire da quel giorno d’estate del 1841 il turismo di massa prima si affianca e poi subentrerà del tutto allo stile già declinante del Gran Tour classico. Il viaggio di formazione affermatosi in Europa già verso la metà del ‘600, era stato per secoli esperienza irrinunciabile di scoperta dell’altrove, orientato verso mete lontane ai confini d’Europa e le città capitali dell’arte e della cultura, ma appannaggio solo di nobili e intellettuali che avevano il tempo e il denaro per viaggi lunghi e avventurosi.
Chissà se il buon Thomas Cook, felice del suo progetto filantropico di consentire il divertimento di viaggi modesti e privi di sorprese a comitive di lavoratori pallidi ed emaciati e ad escursionisti col penny contato, avrebbe mai immaginato di approdare a commerci di scala ben diversa da quel primo giretto fuoriporta.
Le orde di turisti che oggi colonizzano a milioni località balneari, deserti, giungle e città di tutto il mondo sono i pronipoti spuri di quel Thomas Cook a cui si deve l’invenzione del turismo di massa.
La sua si è rivelata un’intuizione geniale quanto sventurata per il futuro del pianeta. Ciò che Cook certo non avrebbe mai immaginato sono infatti gli sviluppi e l’impatto sulla cultura, la società e l’ambiente che la sua invenzione vacanziera ha causato. La metamorfosi dell’idea del viaggio ‘tuttocompreso’ assume sempre più le dimensioni un’industria pesante, più inquinante e compromettente di qualsiasi precedente impresa industriale, su cui già oggi non tramonta mai il sole. 
Con la rivoluzione dei trasporti che rende ormai possibile l’estensione a costi sempre più bassi dei viaggi a masse sempre più numerose di turisti, il problema diventa quello di rendere il consumo di vacanze accessibile al maggior numero di persone possibile, da qualsiasi background culturale, economico o geografico esse provengano. 
Thomas Cook è stato anche il primo a riscrive l’idea del viaggio trasformandolo da atto individuale di esperienza immediata, cioè coinvolgimento senza filtri tra viaggiatore e luogo, ad atto di esperienza collettiva mediato da un ‘autore’, l’agente di viaggio.
 E’ lui che oggi organizza il rapporto tra viaggiatori e luoghi, lo semplifica e abbassa il livello delle competenze logistiche, cognitive e della disponibilità economica alle richieste del viaggiatore. È proprio questa idea del viaggio come ‘esperienza mediata’ che sta alla base della nascita del turismo moderno. L’agente turistico di Cook è il primo dei demiurghi delle vacanze, colui che decide quali elementi entreranno a far parte dell’esperienza dell’ ‘altrove’ e quali no. Da quel momento in poi l’agente di viaggi è un fabbricante di universi paralleli alla realtà quotidiana. La vacanza è il suo prodotto, e con essa costruisce una rete tra viaggiatore e luogo più o meno sottile, a seconda dei casi, ma comunque avvolgente.
Una logica che farà un salto ulteriore negli anni ’50 del ‘900 con il Club Mediterranée, la corporation francese che inventa la vacanza All Inclusive. Se Thomas Cook si poneva come intermediario tra il luogo e il viaggiatore, il Club Med ‘mette in scena’ completamente il luogo del viaggio altrove ricostruendolo nella dimensione del ‘villaggio turistico’. Una realtà abitativa temporanea, ‘aumentata’ da ridondanze e falsificazioni esotiche. Il risultato di queste manipolazioni è che il luogo non è più quello originario congegnato da natura e cultura, ma un ibrido tra quel luogo e una sua ricostruzione tecnologica. Una ‘enclave’ dotata di infrastrutture, servizi e spettacoli impiantati nell’ambiente originario con l’obiettivo di ridefinirne completamente la forma dei luoghi per le vacanze. Se Thomas Cook e Club Med ormai vendono ai loro bravi e affezionati clienti un’esperienza esplicitamente ‘mediata’, depurata del rischio e dell’esperienza reale, oggi le nuove agenzie di viaggi e vacanze funzionano al contrario. Nascondono la mediazione organizzativa dell’esperienza vendendo la simulazione del rischio e l’avventura, il confronto non mediato con la realtà dell’altrove. Basta dare un’occhiata al web per scoprire le tendenze dei nuovi turismi.
Le agenzie specializzate offrono una serie di viaggi avventurosi più o meno ‘estremi’ classificati per livelli di difficoltà che vanno dal ‘facile’ all’ ‘arduo’. Incredible Adventures Inc. offre ‘esperienze’ come volare su Mosca a bordo di un MIG 29 o addestrarsi per quattro giorni insieme alla squadra speciale anti-rapimenti di Seattle. La russa Armiya Tur (Army Tour) è specializzata in turismo militare. Per 3000 rubli potrete vestire per 48 ore i panni di una recluta in un campo di addestramento militare russo. Il plus è che i tutor di questa temibile vacanza sono veterani della guerra in Cecenia “che hanno molta esperienza e sono ansiosi di condividerla” con voi. Altre offerte di turismo estremo non mancano di stupire. Si passa dai soliti corsi di sopravvivenza alle ‘cacce al tornado’, dal dark tourism, che esplora i luoghi che sono stati teatro di tragedie, stragi e calamità, al turismo ‘imprudente’ nelle aree più pericolose del globo.
Quello che queste proposte hanno in comune è una nuova concezione del turismo come bene di consumo ‘no limits’: non più prodotto seriale, non più un servizio, ma un set di condizioni sensibili che offre esperienze ‘estreme’ riservate a pochi e per periodi limitati, che richiedono più che sensibilità e cultura, alti livelli di organizzazione e buona disponibilità economica. E’ l’ultima frontiera della mistificazione turistica. Resta il fatto che quando ha senso, il viaggio è un’immersione totale in una realtà ‘altra’. Ma in una cultura basata sulla logica della mediazione, in cui tanto il rapporto col mondo naturale quanto i rapporti sociali sono sempre più strutturati dalla tecnologia e dal denaro, la merce più preziosa è l’immediatezza delle sensazioni. L’imperativo è divertirsi. Che anche le nostra vacanza sia reale o simulata, inquinante, violenta o prevaricatrice, poco importa.

Foto di Giuseppa Marcellini

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