Rita Borsellino al liceo classico per la presentazione del libro La "Malerba" tra follia, pregiudizio e legalità
Rita Borsellino al liceo classico per la presentazione del libro di Carnazzo. La "Malerba" tra follia, pregiudizio e legalità
Fonte la Città News - Cultura
Scritto da Veronica D'Amico
Venerdì 03 Maggio 2013
Si è tenuta ieri mattina, nell’Aula Magna del Liceo Impallomeni, la presentazione del libro “Malerba” di Orazio Carnazzo. All’incontro, rientrante nel progetto legalità, a cui hanno aderito gli studenti dei licei classico e scientifico, sotto la giuda delle professoresse Gina Campagna e Tonia Bonfanti, erano presenti Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo, ucciso dalla mafia nel luglio del 1992, il direttore dell’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto, dott. Nunziante Rosania e la responsabile della casa editrice Smasher, dott. ssa Carmen Fasolo. Dopo i saluti del dirigente scolastico Caterina Nicosia, la professoressa Gina Campagna spiega gli intenti del progetto, intitolato “Giovani rabdomanti verso la legalità”, ispirato all’etimologia della parola greca rabdos, bastone, che serve a scuotere le acque della legalità. A differenza degli anni precedenti, in cui i ragazzi del progetto pon Legali al sud , hanno avuto modo di prendere parte ad uno stage a Corleone e visitare luoghi simbolo della mafia, come la casa di Peppino Impastato a Cinisi, la sede dell’emittente televisiva Telejato di Pino Maniaci a Partinico e Portella della Ginestra, in cui avvenne la strage del 1 maggio 1947. “Quest’anno – spiega la prof. Campagna – abbiamo deciso di inserire il romanzo di Orazio Carnazzo, pubblicato nel novembre 2012 e abbiamo ideato l’incontro con l’autore del libro e con colei che ne ha eseguito la prefazione, la dottoressa Rita Borsellino”. A spiegare l’obiettivo peculiare dell’incontro la professoressa Bonfanti, la quale si sofferma a parlare di ciò che è il rispetto verso chi è “diverso” e di quel labile confine che divide la normalità dall’anormalità e aggiunge che – “solo un’azione comune tra le istituzioni può servire all’integrazione del folle, nell’intento di creare una società più aperta e umana nella quale il diverso sia accolto e amato”. Tocca poi a Rita Borsellino: il deputato europeo parla, dapprima, della scuola, intesa come struttura che ha il compito di preparare i giovani a essere cittadini responsabili e consapevoli, - “perché i giovani non sono il futuro, come molti dicono o pensano, ma il presente e ogni generazione ha un impegno forte e responsabile verso se stessa e verso gli altri; i giovani - dice - sono sì arrabbiati, perché consapevoli, diversamente da quanto lo potevano essere le generazioni passate, che li aspetta un futuro incerto, ma sono anche determinati a superare queste così grandi difficoltà”. Successivamente le emozioni si amplificano quando Rita Borsellino comincia a raccontare di suo fratello Paolo, di quella tragica giornata del lontano luglio 1992, di quando, affacciata alla soglia della sua casa distrutta, si sentì nuda davanti a quell’orrore. E prosegue – “in mezzo a questo dolore, cominciai a guardarmi intorno e vidi la società che stava esprimendo la rabbia e la voglia di cambiamento; in tanti presidiarono il territorio e stettero lì a promuovere, spingere e riprendersi Palermo, ma poi questo movimento di coscienze cominciò a scemare fino ad esaurirsi”. Qualche mese dopo la morte di Paolo Borsellino, Rita ha cominciato la sua attività nelle scuole: “ quando mi recai, ancora scossa e inizialmente poco convinta di ciò che stavo facendo ,in quella scuola elementare, nel settembre del ’92, compresi che ciò che chiedevano quei bambini era cercare di capire quanto avvenuto e sentirsi rassicurati; io - prosegue - raccontai Paolo, raccontai del bambino vivace che era, delle passioni che coltivava e nutriva con interesse e di ciò che aveva provato a realizzare con coerenza, anche avendo paura. Quel raccontare Paolo – continua Rita – mi fece riappropriare di lui, capì che la strada da percorrere era quella, solo così lui non sarebbe morto mai, le sue idee non sarebbero morte mai e -conclude – ho il dovere di condividere Paolo con gli altri affinché possa essere per voi giovani non un eroe, ma un esempio da conoscere e condividere”.
Nunziante Rosania, direttore dell’opg parla della follia, la stessa follia che colpisce Salvo Caputo, protagonista del libro Malerba: “La follia – dice Rosania- è un modo di declinare la ricerca di sé, di affermare la propria personalità e, allo stesso tempo, racconta dell’incapacità di adattamento della persona; nel confronto con un folle – prosegue – ciò che si riscontra è l’impotenza di fronte ad esso perché ci si può avvicinare empaticamente, ma non comprendere i suoi pensieri; bisogna però evitare di pregiudicare ma delirare col delirante; quella persona va aiutata, capita e assistita con amore”. Argomenti forti, significativi emergono, in conclusione dell’incontro, dalle domande dei ragazzi all’autore di Malerba: dal labile confine che divide un essere “normale” da un “folle”, alle possibilità di integrazione nella società che possono avere questi soggetti instabili, fino a parlare delle condizioni strutturali di questo tipo di ospedale, che meglio si etichetta nella sua sfaccettatura più cruda di manicomio.