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Milazzo Si rinnova la tradizioni di Pasqua i “Sepolcri”(sapucchi in siciliano) a San Rocco .


Tradizione  di Pasqua i sepolcri a San Rocco 
Si è rinnovata anche quest'anno, presso la Chiesa di San Rocco, il rito dei “Sepolcri”(sapucchi in siciliano),  come sono comunemente detti nel Sud Italia gli altari della reposizione, che vengono allestiti nelle chiese dopo la messa del Giovedì Santo.

Una incursione nel mistero della morte e resurrezione di Gesù attraverso una delle più antiche tradizioni della Settimana Santa 
Preparati con devozione e Fede...Pper addobbare il Santo Sepolcro il Giovedì a cura del gruppo di fedeli , le gentile Signore : Rosetta Lo Vano.Giovanna Baronello- Chiara Fugazzotto - Concettina Iarrera -Ada Moreschi - Angela Salmeri - Paola Sblendore - Mariangela Tricomi.


Un usanza, un rito antichissimo, tutt’ora praticato in tutta l’Italia meridionale.  un bene inestimabile mantenere le tradizioni di Pasqua e farle conoscere ai bambini.

Le date per mettere a germogliare i semi sono: il primo venerdì di quaresima o il primo venerdì del mese di marzo, il seme che non può mancare è il grano che è simbolo del pane, ma a piacere si possono aggiungere altri semi, come lenticchie, cicerchie e ceci, se si usa solo il grano si otterrà un “graniciaddu” con gli steli dritti, se si aggiungono altri semi diventa misto e con le piantine ricciolute acquista volume e sembra più ricco e bello.
Va tenuto al buio, perché, i germogli man mano che cresceranno diventeranno chiari e biondi, ed è qui la bellezza, se prendono la luce si sviluppa la clorofilla e diventeranno verdastri e non sono belli da vedere.
Molti di noi ricordono quando bambini lo facevo, ci tenevamo che fosse il più bello, doveva essere chiaro, grande e con i semi misti così da notarlo in mezzo a quelli di solo grano, adornati con tanti fiori che raccoglievamo nel giardino di casa e nei prati, in genere viole, bocche di leone, fresie e fiori di campo, nastri o carta crespa. La mattina del Giovedì Santo cosi adornato si portava in chiesa per addobbare il Sepolcro che accoglierà il Santissimo per l’Adorazione Eucaristica.
Non senza ragione, dunque, la pietà popolare ha accostato nei secoli all’altare della reposizione l’idea del sepolcro, cogliendo in esso una metafora della morte e sepoltura di Gesù.
Contraria all’uso del termine “sepolcri” per indicare gli altari della reposizione si è mostrata invece, di recente, la Congregazione per il culto divino, la quale in una dichiarazione del 1988 ha osservato come la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare la sepoltura del Signore, ma per custodire il Pane Eucaristico per la Comunione che verrà distribuita il venerdì della passione di Gesù”. La Congregazione, però, non ha considerato – come taluno ha puntualmente evidenziato – che la parola latina “repositorium” (da cui “reposizione”) ha effettivamente tra i suoi significati anche quello di “tomba” o “sepolcro”.

La pratica di allestire gli altari della reposizione, affermatasi in Europa a partire dall’età carolingia, per quanto possa ripugnare alla sensibilità moderna, esprime in verità l’idea del lutto e della sepoltura, come anche l’etimo latino sta a testimoniare. Il che ha pure una sua giustificazione teologica. E’ vero infatti che noi cristiani nell’eucaristia adoriamo il Cristo vivente, ma è altrettanto vero che Gesù è passato alla vita incorrotta attraverso la morte e per di più una morte cruenta. Nella consacrazione eucaristica si ripete e si riattualizza questo triplice mistero di passione, morte e risurrezione. Se ci sembra strano associare all’eucaristia l’idea della tomba, come invece fa la devozione popolare il Giovedì Santo, forse è perché non siamo più abituati a guardare al mistero eucaristico come ad un reale sacrificio. Eppure la dimensione sacrificale fa realmente parte del “sacramento dell’altare”, non potendosi ridurre, almeno per chi crede, ad un fatto puramente simbolico. La pia pratica dei “sepolcri”, che in molte altre zone sta conoscendo una progressiva flessione, continua invece ad essere particolarmente sentita in Sicilia. I “sepucchi”, come si dice in gergo, qui si è usi adornarli con fiori e segni vari che richiamano l’ultima cena e la passione di nostro Signore, come i cosiddetti piatti di “sepulcru”, preparati dai fedeli nelle proprie abitazioni durante il periodo quaresimale.
Forse è per questo che alcuni studiosi (come il Pitrè, poeta e fine conoscitore di tradizioni siciliane) ritengono che la simbologia dei “sepolcri” affondi le sue radici nell’antico culto di Adone, il bellissimo fanciullo di cui si era invaghito Afrodite e che, dopo essere stato ucciso da un cinghiale, ottenne da Zeus il privilegio di passare una parte dell’anno tra i vivi per poi ritornare periodicamente nel mondo dei morti. Il culto di Adone, che simboleggia il risveglio della natura dopo l’inverno, cadeva nell’antica Grecia proprio il giorno dell’equinozio di primavera (21 marzo), da cui noi cristiani cominciamo a contare la Pasqua.
Se il riferimento al culto di Adone può spiegare la genesi della consuetudine di collocare fiori e “piatti” ad arredo degli altari della reposizione, d’altro canto il significato della pratica rimane cristiano, e come tale è percepito dagli stessi devoti,
“Il seme lasciato a macerare al buio da cui rinasce la vita è Gesù che, dopo il suo lungo calvario, entrato e uscito che fu dalle tenebre della morte, ritorna dopo la sua Resurrezione a vivere e a ridar vita e conforto al mondo intero.
I piatti offerti il giovedì santo sono quindi augurio della sua Resurrezione, perché venga di nuovo a illuminare e a ridare gioia agli uomini.
Forse il più dotto dei teologi non avrebbe saputo trovare parole più belle di queste per esprimere il mistero della morte e resurrezione di Gesù. Ma in fondo non è quello che Gesù aveva detto ai suoi discepoli alla vigilia della sua passione: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane da solo; se invece muore produce molto frutto”
Il mattino di Pasqua dopo terminata la messa si portano via i “graniciaddi”, anticamente si dividevano in pezzi e si piantavano nell’orto o nel giardino come porta fortuna e se qualche vicina non lo aveva preparato se ne ne dava un pezzo anche a lei come buon augurio.



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