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Convegno Fidapa Valle del Mela "Coppie che si separano sono genitori che restano"




"coppie che si separano sono genitori che restano"
Senza dubbio un argomento, molto attuale è stato trattato dalla Fidapa Meri -Valle del Mela
La presidente, Caterina Mastroeni, ha voluto fortemente toccare questo delicato argomento , con  grande successo e molta soddisfazione. Un argomento che ben si integra con lo sportello famiglia Fidapa , già aperto da un'anno, punto di riferimento per tante uomini e donne.  
Lo sportello - Luciese , assieme al convegno, accendono i riflettori sulla condizione delle - mamme e papa separati ed  essere adulti senza restare in coppia
Ben venga quindi le consulenza a coppie o a coppie che scoppiano (in fase di separazione), dove nell'ultimo caso  più frequentemente si notano che, nella difficoltà del momento, i coniugi mettono in primo piano il proprio malessere e le proprie esigenze spesso perdendo di vista alcuni passaggi fondamentali con i figli
Nella crisi di un unione il focus non è sulla  coppia ma, sulle competenze genitoriali in quanto per un istinto naturale che in noi sono i figli ed in particolare i minori  vadano sempre tutelati prima di tutto.

"NON VOGLIAMO PIU’ STARE INSIEME"! 
Essere coppia è una condizione reversibile, essere genitori no. In una fase delicata come la separazione può capitare di perdere la bussola e comportarsi sull’onda delle emozioni (rabbia, tristezza, paura, risentimento, …), tuttavia è necessario “darsi una regolata” perché i comportamenti impulsivi possono creare grosse ferite e traumi nei figli. I bambini devono fare i bambini, gli adulti devono cercare quanto più possibile di gestire la situazione da adulti che usano la razionalità. 
Che fare e cosa evitare?
1) Valutare bene la separazione Esempio: Un partner scopre di essere stato tradito e, ferito, dice di volersi separare. Quest’affermazione richiede tempo, riflessione, confronto. Non è detto che questo sarà l’esito. Può essere semplicemente dar voce a delle emozioni negative del momento. Quindi è importante non comunicare subito ai figli la presunta decisione, sull’onda delle emozioni, ma darsi il tempo per maturare una scelta ponderata, e parlarne solo quando si è veramente sicuri. Prima è deleterio. Ci sono coppie che restano separate in casa per un tempo indefinito (ad es. per paura che la separazione nuoccia ai figli o per difficoltà a livello economico), altre che si separano concretamente (cambio di casa) salvo poi tornare sui propri passi qualche mese dopo, altre ancora che mantengono da separati un legame molto ambiguo e dipendente.
 In tutti questi casi il bambino può essere sottoposto alla fatica di non capire: il papà e la mamma dicono una cosa e ne fanno un’altra, oppure cambiano versione ogni giorno. Questa ambiguità può accendere nel bambino speranze di ricongiungimento che, se deluse, sono molto dolorose.
Presa la decisione, comunicarla insieme, preparandosi sia su cosa dire che emotivamente. NON delegare assolutamente questo compito. Non è giusto chiedere a amici o parenti di fare questo passaggio, e tanto meno ai professionisti (psicologo, pediatra…).
E’ difficile e impegnativo, ma è la cosa giusta da fare?
Parlare in modo chiaro, comprensibile in base all’età del bambino. Non è il caso di entrare nei particolari del perché mamma e papà si separano. Parlare di tradimenti, amanti, colpe non è il caso. Quando i figli saranno grandi sapranno e avranno la maturità per capire certe dinamiche, ora no. Dire la verità, ossia che papà e mamma non stanno più bene assieme, evitando false scuse per motivare la lontananza del partner che se ne va (“papà va in un’altra casa a dormire per lavoro…”).
Evitare di dirlo da soli e di attribuire la colpa della separazione al partner assente: “gliel’ho detto, ho detto che mi hai tradita e che per colpa tua ci lasciamo e lui dovrà vivere senza più il papà e la mamma insieme”. Non dire mai “magari un giorno papà e mamma torneranno assieme”. 
Verificare la comprensione del bambino, nei giorni seguenti, rassicurare, ascoltare, rispondere alle domande dei figli sempre senza entrare in dettagli e in questioni da adulti. 
In seguito, mantenere fede agli impegni presi. Ricordiamo che i bisogni affettivi dei bambini sono: protezione, stabilità affettiva, cura e accettazione. L’amore del papà e della mamma restano immutati, questa è la teoria che promettiamo ai nostri figli. E’ poi però necessario renderla pratica, e non sarà facile. 
ERRORI DA EVITARE PRIMA E DOPO LA SEPARAZIONE
Pensare che i bambini non capiscano, non sentano, non si preoccupino I bambini sono molto sensibili alla coloritura emotiva delle situazioni. Conoscono i propri genitori e sanno distinguere se stanno bene, se sono preoccupati, se sono tristi, se c’è tensione nell’aria. Questo significa che, se siamo una coppia in crisi e stiamo pensando alla separazione, hanno già percepito qualcosa o molto. Non inganniamoci pensando che se litighiamo in sala e loro sono in camera che dormono non sentano. Sentono, si preoccupano, soffrono. Ancor peggio, litigare davanti a loro, o coinvolgerli nelle discussioni cercando il loro consenso e chiedendo loro di schierarsi, è deleterio.
Ricordiamoci che i bambini sono bambini. Papà esce di casa urlando e sbattendo la porta, non torna e non si fa sentire per tre giorni. Questo è l’inferno per un bambino, che si sente abbandonato, non capisce cosa sta succedendo e teme il peggio per il papà. Mostrare la propria rabbia o il proprio malessere ai figli, senza filtri Una cosa è non recitare una parte di persona felice in un momento difficile, altro è scaricare tutto addosso ai bambini che non hanno la capacità di contenere un tale dolore e che avrebbero invece bisogno di essere rassicurati. E’ importante che al bambino arrivi il messaggio che la situazione è difficile ma che mamma e papà sanno come gestirla al meglio. Chiedere ai figli un sostegno emotivo ed affettivo
Molto spesso i figli si trovano a compensare le carenze affettive di mamma e papà. Una situazione tipica è il fatto di abituare il bambino a dormire in mezzo al lettone, per creare una sorta di barriera tra sé e il partner, finchè la separazione non diventa effettiva, o al posto del genitore che ha cambiato casa quando la separazione è già avvenuta. Chiedere ai figli di portare dei messaggi al partner Avvenuta la separazione, può essere che a un genitore venga la tentazione di mandare dei messaggi all’ex partner attraverso il bambino. “La mamma mi manca tanto, diglielo quando torni a casa” “Il papà mi ha fatto stare tanto male, ora non voglio vederlo né sentirlo, digli te che questo mese non ho i soldi per pagare la retta dell’asilo, è colpa sua se abbiamo sperperato un sacco di denaro” Investire i figli di una simile responsabilità fa sì che si sentano carichi di un peso che non sanno gestire, o che abbiano informazioni su questioni che riguardano solo ed esclusivamente gli adulti (ad es. i problemi economici).
 Cercare di carpire dai racconti dei figli informazioni sulla nuova vita dell’altro partner Chiedere insistentemente con chi è uscito il bambino mentre passava il weekend col papà, chiedere com’è la nuova casa del partner, chi sono gli amici o le amiche a cui telefona….fa sentire il bambino una “spia”, e non sa cosa fare per non deludere né mamma né papà. Meglio lasciare che il bambino racconti liberamente ciò che si sente di raccontare. Se il sospetto è che l’ex partner frequenti un’altra persona non è questo il modo corretto per indagarlo. Quello che serve tra ex partner è darsi regole condivise, ad es. può essere importante stabilire che non si presentano per il primo periodo nuovi compagni o compagne al bambino, e che lo si fa solo se si è certi che si tratti di relazioni impegnate. 
Nella letteratura è ormai condiviso che la separazione ed il divorzio non possono essere considerati eventi “puntiformi” ma “processi” che comportano un’evoluzione delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello riguardante l’ambiente esterno, la famiglia d’origine e gli amici.
Nel complesso mondo della sindrome di alienazione parentale è imprescindibile la necessità di partire da un’analisi della conflittualità genitoriale, dalle aggrovigliate motivazioni che la sottendono, come base su cui si strutturano quegli aspetti patologici di cui la PAS è l’esempio più eclatante.
Il principale compito che la famiglia separata si trova infatti ad affrontare è la riorganizzazione delle relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. Per poter gestire il conflitto emergente dalla separazione in maniera cooperativa, a livello coniugale la coppia deve elaborare il fallimento del proprio legame, il divorzio psichico. Contemporaneamente a livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di padre e madre e a riconoscersi come tali ed instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della genitorialità. Molto spesso però questo non accade e la battaglia esce e si protrae fuori dalle porte del Tribunale innescando nel bambino una suddivisione dei propri genitori in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo” (Patrocchi, 2005). 
La conflittualità che molto spesso accompagna le separazioni coniugali rende ciechi i genitori dei bisogni effettivi ed affettivi dei propri figli: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più innescando in lui conflitti e domande sul se sia giusto continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più. Molte volte i genitori, consciamente o inconsciamente, quando si contendono l’affidamento del bambino lo “chiamano” ad effettuare una scelta tra di loro. Dell’Antonio (1984) riporta che questa scelta aumenta il disagio del bambino stesso, in un contesto in cui da una parte, vi sono i genitori che si trovano in un momento di crisi in cui prevalgono sensi di inadeguatezza e bisogni di trovare all’esterno di sé conferme della loro validità come persone, cercando quindi questa conferma nel ruolo genitoriale; il figlio da parte sua si trova in una situazione concreta di perdita di riferimenti e di rapporti che non ha voluto e che spesso nemmeno si aspettava e quindi in una situazione di lutto. Quando i genitori non riescono a superare la crisi personale innescata dalla separazione e quindi trovare dentro di sé motivi di autostima, sospinti anche da motivazioni di conflittualità latente, hanno bisogno di definire il coniuge negativamente e quindi anche di definirlo “inidoneo” nel ruolo genitoriale. Da qui la sempre più frequente denigrazione dell’altro genitore agli occhi del figlio e la richiesta, formulata in modo più o meno esplicito, che anche il figlio contribuisca a tale definizione scegliendo lui come unico genitore. 
Il perdurare del conflitto per molto tempo dopo la separazione costituisce la principale fonte di stress non solo per la coppia ma anche e soprattutto per i figli che continuano ad essere coinvolti in dinamiche relazionali e genitoriali disfunzionali.
Il processo di separazione si configura diversamente in relazione al ciclo di vita in cui avviene, comportando, quindi, percorsi riorganizzativi articolati in rapporto a variabili diverse, quali: storia intergenerazionale dei protagonisti, età dei figli che ne risultano coinvolti, risorse e potenzialità di cui dispone ogni singolo componente e la famiglia nel suo insieme e agli specifici quadri relazionali, che costituiscono lo scenario su cui vengono a organizzarsi le problematiche familiari in quel preciso momento del ciclo vitale sia individuale che familiare.
Nelle situazioni conflittuali quando il figlio o i figli sono al centro delle dinamiche relazionali disfunzionali, quali la coalizione e la triangolazione, tra i genitori con le rispettive famiglie di origine si parla di “chiasma familiare” (Togliatti & Lavadera, 2002). Il minore della famiglia separata a relazione chiasmatica occupa un ruolo particolare in quanto rappresenta da un lato il simbolo dell’unione indissolubile tra le due famiglie e dall’altro l’elemento scatenante del conflitto (anche se a volte con la funzione di coprire ciò che sottende la conflittualità vera e propria).
Una delle evoluzioni più frequenti delle famiglie separate è la creazione di una famiglia monogenitoriale composta in genere da madre e figlio/i, in quanto la madre solitamente è il genitore affidatario. In un numero non infrequente di casi, il genitore non affidatario (il padre, nel 90% circa dei casi), sparisce quasi completamente.
Qualche caso
Il padre - instaurando una nuova relazione - si allontana dai figli nell’ipotesi di “rifarsi una vita” con la nuova compagna; in molti altri casi si apre il sipario della sindrome di alienazione genitoriale (Gulotta, 1998), per cui il genitore affidatario mette in atto progressivamente una serie di comportamenti volti a svalutare e denigrare l’altro genitore. In questi casi, se il minore oppone una strenua resistenza agli incontri con il padre (o con il genitore alienato), vi è di fatto una (per noi) colpevole collusione del sistema giudiziario, che non è in grado di approntare alcun percorso di recupero della relazione genitoriale distrutta dal conflitto, né, a dar retta alle cifre della nostra statistica, a intervenire penalmente per sanzionare i comportamenti lesivi dei diritti del genitore potenzialmente alienato.
In molti altri casi, infatti, gli ostacoli posti dal genitore affidatario agli incontri tra l’altro genitore ed i figli sono talmente insormontabili, o di difficile gestione, che si verifica una perdita di contatti significativi, che può diventare totale o, come più spesso avviene, che porta a modalità di incontro traumatiche e traumatizzanti, frutto di stress per i minori e l’adulto coinvolto: nei pochi incontri che hanno con i figli non riescono a costruire uno spazio di dialogo adeguato: padre e figli non riescono a rendere costruttiva la relazione affettiva, rendendo questi incontri artificiali. In tutti questi casi, si è di fatto in presenza di quello che abbiamo definito “mobbing genitoriale” (Giordano, 2004; Giordano, 2004) 

REAZIONI TIPICHE NEI BAMBINI 
Gli adulti fanno gli adulti. I bambini fanno i bambini, in particolare tenderanno a: - assumersi le colpe: “il papà se n’è andato perché lo faccio sempre arrabbiare” - cercare di schierarsi: spesso col genitore che percepiscono più debole, solo, sofferente - sentirsi abbandonati: “la mamma non mi vuole più bene, andrà via con un altro uomo e si dimenticherà di me” - tenteranno di riavvicinare i genitori o chiederanno esplicitamente la ricongiunzione - saranno lunatici, tristi, svogliati, inappetenti, irrequieti - regrediranno in alcuni comportamenti, in base all’età (ad es. riprendere a fare la pipì a letto). Tutto questo è normale. E’ normale la sofferenza. 
E’ normale fare degli errori come genitori. 
Lo scopo di questo articolo non è assolutamente quello di farvi sentire genitori incapaci o non attenti ai vostri figli, bensì permettere una riflessione e fermare situazioni di questo tipo. Se vi state separando, fermatevi a considerare quale sia il modo giusto di gestire la situazione per vostro figlio. Se da soli non ci riuscite, se le emozioni sono troppo forti o se il conflitto di coppia è molto acceso, chiedete aiuto ad un professionista. 



Dott.ssa'Vera'Blasutti
I danni emotivi non derivano dalle separazioni, ma dalla cattiva gestione delle separazioni. LETTURE CONSIGLIATE 
A. Oliverio Ferraris, DAI FIGLI NON SI DIVORZIA. Separarsi e rimanere buoni genitori. BUR A. Marcoli, PASSAGGI DI VITA. LE CRISI CHE CI SPINGONO A CRESCERE. Mondadori


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